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“LA NAZIONE” di Firenze – mercoledì, 25 gennaio 1995
CLASSICA/CONCERTO DI DEL VESCOVO al 'LYCEUM'
“Ganesh, delizie della chitarra”
Articolo di Leonardo Pinzauti
FIRENZE – L’enorme fascino (ma anche i non pochi equivoci) che la chitarra suscita in un pubblico vastissimo è legato al suo essere, da un lato, uno strumento fra i più conosciuti e “triviali”, e dall’altro alla sua attitudine a rispecchiare le più aristocratiche tradizioni colte, e perciò quasi il mezzo ideale per affrontare intimistici soliloqui dell’anima, per cimentarsi in letture musicali che esulano dai limiti di un repertorio circoscritto, e per sfidare le difficoltà di un virtuosismo tanto arduo da sconfinare non di rado nell’assurdo. N’è derivata così, in quanti scelgono la “chitarra classica” per la loro attività di musicisti, una sorta di religiosità nell’accettare i limiti oggettivi di questo strumento: in una civiltà in cui tutti gridano, e nella quale folle enormi chiedono l’ipnosi e l’eccitazione delle sonorità gigantesche, i chitarristi si ritirano infatti in piccole sale, e come monaci in preghiera preferiscono il sussurro alle grida e le delizie di un colloquio in una cerchia di amici ideali al delirio degli stadi. Ma è proprio in questa dimensione che la chitarra, con la sua voce esile, può diventare una grande protagonista e suscitare emozioni preziose, com’è accaduto durante il concerto al “Lyceum” di Ganesh Del Vescovo.
Questo giovane, che è uno degli ultimi rampolli della grande scuola di Alvaro Company, ha presentato un programma nel quale il virtuosismo appariva soltanto un’indispensabile presupposto, ma non il fine ultimo. Perfino le colorite ed eleganti pagine di Villa Lobos (cinque Preludi e tre Studi) e quelle, in verità un po’ gergali, di Joaquin Rodrigo (Invocation et Danse), che pur richiedono uno scaltrito magistero tecnico, sono state offerte da Del Vescovo con la delicatezza, la fantasia e la saggezza di chi considera la musica in sé, quale che sia, un bene da custodire gelosamente, più che un mezzo per ostentare la propria bravura. E questa era certamente evidente (nitore dei passi, varietà dinamica e timbrica, intonazione accurata, ecc.), ma tutto sembrava essere soprattutto un invito a meditare le delizie spirituali di cui la chitarra è capace, specialmente quando Del Vescovo ha affrontato, con rara intensità di sottolineature espressive e grande rigore musicale, la Suite che Bach riprese, per le corde del liuto, dal ciclo delle Suites per violoncello. Il successo è stato, com’era prevedibile, calorosissimo, ma caratterizzato da un raro clima di emozioni, oltre che da pressanti richieste di bis.
Leonardo Pinzauti
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